Spesso in terapia si sperimentano i vissuti della vita quotidiana, si replicano gli schemi relazionali applicati fino a quel momento. Il terapeuta è una figura verso la quale il paziente può provare l’intera gamma delle emozioni che hanno caratterizzato la sua esistenza, tra cui la vergogna.
La psicoterapia è un percorso nel quale il paziente arriva – o può arrivare – a mostrare parti di sé che non gli piacciono; si lavora per approfondire le sensazioni e i ricordi legati a esperienze dolorose, e questo può portare il paziente a temere il giudizio del terapeuta, a diffidare di poter essere realmente capito e accolto visto che quella esperienza, essere capito e accolto, gli è mancata. E’ allora che la psicoterapia rivela il proprio potere trasformativo e non per un merito speciale del terapeuta – che è un essere umano come il paziente e non fa altro che mettere la propria competenza a disposizione di un lavoro condotto insieme -, bensì per l’effetto provocato da un’esperienza emotiva diversa da quelle che hanno accompagnato fin lì il paziente.
Ci si può vergognare anche davanti al terapeuta, se la vergogna è un sentimento appreso nel corso del tempo e percepito come inevitabile.
Ci si può sentire, anche e soprattutto agli occhi del terapeuta, inadeguati, sbagliati, difettosi, colpevoli. Si può pensare che i propri racconti non abbiano senso, che le proprie reazioni emotive siano sproporzionate, si può ritenere che il motivo per cui si è intrapresa una psicoterapia sia l’incapacità personale di affrontare la vita.
Tutto questo genera vergogna, perfino la sensazione di voler sparire o il desiderio di tornare indietro per cancellare l’esposizione appena avvenuta davanti al terapeuta. Alcuni pazienti interrompono la terapia quando l’imbarazzo e la vergogna diventano troppo difficili da elaborare e da gestire.
Ma…
Se il paziente riesce a tollerare, pur con fatica e disagio, la vergogna provata, da quel momento inizia una fase nuova del percorso; attraverso la relazione terapeutica, il rapporto con un essere umano interessato alle sue vicende e sintonizzato empaticamente con i suoi vissuti, il paziente si accorge che è possibile non vergognarsi, non essere giudicati, si accorge che quelle parti di sé che egli ha sempre considerato inaccettabili o mostruose sono in realtà umanizzabili, sono la sofferenza di una persona che non è colpevole del proprio dolore e non ha commesso nulla di realmente irreparabile.
Vergognarsi davanti al terapeuta scoprendo che in quella relazione – e in molte altre relazioni possibili – non esistono contenuti indicibili, non esistono le ragioni della vergogna, è una delle conquiste più sorprendenti e preziose di una psicoterapia.
Abstract: Provare vergogna in terapia è un’esperienza piuttosto comune e allo stesso tempo di fondamentale importanza per apprendere che esistono relazioni sane in cui è possibile venire accolti in maniera empatica senza essere giudicati.
Tag: vergogna, timore del giudizio, psicoterapia.
Chi volesse ricevere maggiori informazioni per intraprendere una psicoterapia può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, chiamando il numero 340/1874411 o scrivendo all’indirizzo email info@psicoterapiaemilano, e fissare un primo colloquio gratuito presso il suo studio di Milano.