La dipendenza da una relazione affettiva (in inglese love addiction) è uno dei problemi più diffusi tra coloro che intraprendono un percorso psicoterapeutico; nella maggior parte dei casi la gravità di questa dipendenza non emerge durante la relazione, o durante le fasi apparentemente positive della relazione, bensì quando si presenta una crisi o si verifica una separazione. A quel punto esplode una sofferenza emotiva che spinge l’individuo a chiedere aiuto, e la richiesta terapeutica si concentra generalmente sul desiderio di recuperare il legame e risolverne le difficoltà. La love addiction si manifesta in particolar modo tra le donne e ha spesso conseguenze gravi: stress emotivo intenso, abusi e maltrattamenti fisici e psicologici subiti dal partner, sentimento di impotenza e profonda sfiducia nel cambiamento. La condotta di dipendenza si fonda su una struttura di personalità specifica le cui caratteristiche principali sono:
- bassa autostima;
- apprendimento di modelli affettivi violenti e svalutanti;
- incapacità di elaborare scopi di vita autonomi;
- paura dell’abbandono.
La bassa autostima induce a ricercare in una relazione affettiva il sostegno necessario a neutralizzare il proprio sentimento di incapacità; la persona affetta da love addiction è convinta di non poter fare nulla da sola e crede di non avere un valore personale stabile in base al quale costruire le proprie esperienze, così affida a un altro individuo e al rapporto con lui la possibilità di un’esistenza accettabile. Spesso assume come propri gli scopi dell’altro modellandosi sui suoi bisogni, sulle sue necessità, nella convinzione di non poter essere amata se non in quel modo; per non essere rifiutata si prende cura del partner mostrandosi sempre pronta a soddisfare le sue richieste e ad adattarsi alle sue oscillazioni emotive, ma il partner è spesso maltrattante, manipolatorio, e non si tratta di una casualità dal momento che la love addiction si fonda sull’esperienza appresa di non poter ricevere un amore sano, rispettoso, e questo conduce il soggetto dipendente a riprodurre lo stesso modello affettivo sperimentato nella propria storia di vita. Si genera così una dinamica in cui l’uomo dispone del controllo e del potere utilizzandoli per rinforzare la disparità, la prevaricazione, mentre la donna non riesce ad allontanarsi perché non percepisce di poter esistere come individuo autentico anche fuori da quel legame. La psicoterapia cognitivo-comportamentale interviene sul circolo vizioso dominante/dominata che accresce nell’uno la percezione di potere e nell’altra la rabbia per i soprusi subiti; quando tale rabbia viene manifestata, il partner maltrattante diventa ancora più aggressivo temendo di aver perso il controllo della relazione e questo genera nel soggetto maltrattato il senso di colpa e la paura di essere abbandonato, così che il tentativo di emancipazione si risolve in un incremento dei comportamenti dipendenti e nella riproposizione del circolo vizioso; la psicoterapia aiuta il paziente dipendente a modificare la propria rappresentazione di sé e a sentirsi degno di un amore sano, soprattutto lo accompagna in un cammino nel quale scoprire le proprie risorse ed entrare in contatto con la propria identità desiderando qualcosa per sé, scegliendo senza timore di essere giudicato o abbandonato. Al termine della psicoterapia la persona ha costruito una fiducia nuova nella possibilità di uno scambio affettivo sano, ha sperimentato – in primo luogo col terapeuta – che le relazioni umane buone ci sono anche per lei.