La scelta di iniziare una psicoterapia può portare con sè dubbi e timori che si accompagnano alla speranza di cambiamento. Per molte persone è difficile mostrare le fragilità emotive, i sintomi di un malessere interiore, raccontare fatti e comportamenti che ai loro occhi appaiono strani o assurdi; può nascere un sentimento di vergogna, di imbarazzo, può farsi strada l’idea di essere “malati”. La psicoterapia crea uno spazio sia fisico sia emotivo all’interno del quale il paziente non riceve alcun giudizio morale, alcuna considerazione di valore: il problema che presenta è valido e meritevole di attenzione per la semplice ragione che esiste.
La sofferenza che il paziente comunica in terapia, e che condiziona negativamente la sua vita, non deve necessariamente essere “logica”: qualunque evento o situazione sia responsabile di un disagio psicologico può diventare oggetto del lavoro terapeutico, poichè la conoscenza di sè, il miglioramento della propria condizione emotiva e la possibilità di riappropriarsi di un progetto esistenziale gratificante passano attraverso episodi di vita quotidiana, piccole o grandi contraddizioni che in terapia si rivelano solo apparenti, conflitti di cui non si comprende la natura ma che gradualmente vengono spiegati.
La psicoterapia dà senso e coerenza a ciò che sembra averli smarriti; la figura del terapeuta si pone come riferimento non giudicante, aperto all’ascolto, flessibile nell’analisi: in terapia non esistono comportamenti stupidi, emozioni di cui vergognarsi, pensieri che non vale la pena approfondire. Coloro che temono il giudizio del terapeuta o che non credono appieno nel significato del cammino che stanno per intraprendere possono esporre liberamente lo scetticismo, le paure e gli altri stati d’animo problematici che l’approccio con la terapia suscita in loro: sarà il primo argomento di confronto per creare la fiducia necessaria ad affrontare le fasi successive.