“Che vergogna!”: e’ accaduto a tutti di pronunciare questa frase al pensiero di aver fatto una figuraccia. La vergogna e’ un’emozione sociale, cioè si sviluppa all’interno di un contesto nel quale le nostre azioni vengono osservate dagli altri; l’elemento scatenante della vergogna e’ la consapevolezza o semplicemente la convinzione di essersi resi ridicoli agli occhi di altre persone. Questo aspetto segna una differenza con le altre emozioni, che possono sorgere in assenza di un interlocutore venendo innescate anche da una situazione, un evento esterno, una riflessione compiuta dalla nostra mente: e’ il caso ad esempio dell’ansia, della paura e della tristezza.
La vergogna necessita di una relazione, di un’interazione sociale in cui pensiamo che un nostro comportamento sia stato insensato, goffo, inappropriato; spesso questa emozione viene associata al concetto di pudore, e non a caso definiamo vergognosa un’azione che non ha rispettato il senso del pudore. La capacità di provare vergogna ci permette di evitare atteggiamenti che sarebbero socialmente sgradevoli e ci metterebbero in difficoltà nel rapporto con gli altri: se per noi fosse accettabile andare al lavoro completamente nudi dovremmo forse difenderci da un tentativo di licenziamento e nel migliore dei casi verremmo considerati folli dai colleghi, i quali con ogni probabilità sarebbero poco motivati ad entrare in relazione con noi. La vergogna si caratterizza come tale allorché siamo in conflitto con le convenzioni sociali e i giudizi apertamente condivisi riguardo all’accettabilità di un comportamento all’interno di un determinato contesto: il nostro corpo senza vestiti in una spiaggia di nudisti non rappresenta alcuna stranezza, anzi in quel caso si sentirebbero a disagio coloro che indossano il costume.
I fattori culturali contribuiscono a definire l’appropriatezza di un gesto; ciò che in una cultura viene giudicato negativamente può generare reazioni molto diverse negli individui di un altro popolo, come dimostra l’eterogeneità dei modi di vestire, di parlare e di comportarsi fra i diversi contesti umani. Se camminiamo cantando a voce alta riceviamo parecchi sguardi perplessi, mentre per altre culture si tratta di un atteggiamento perfettamente comprensibile. Il malessere psicologico legato alla vergogna si manifesta quando essa viene generata da criteri soggettivi di autosvalutazione, pensieri connessi all’immagine disé e previsioni negative riguardo al giudizio degli altri. Se siamo convinti che il nostro aspetto, il nostro modo di parlare o di comportarci possano essere considerati ridicoli, gravemente inappropriati e soprattutto diversi da una presunta normalità che attribuiamo alle altre persone, ci vergogneremo all’interno di contesti che sul piano oggettivo e razionale non giustificherebbero quell’emozione.
Spesso la vergogna si fonda su pensieri irrazionali che creano categorie rigide associate alle caratteristiche personali ritenute accettabili; in questo modo la realtà viene suddivisa in aspetti giusti e sbagliati, socialmente apprezzabili o imbarazzanti: nella misura in cui il soggetto si percepisce distante da tali categorie e incapace di rientrarvi, prende forma la vergogna. Questa emozione può identificarsi con un sentimento di indegnità e causare un disagio molto profondo; l’individuo può arrivare a sentirsi indegno in modo quasi automatico, come se la sua identità fosse permeata dalla sensazione costante e immodificabile di non valere nulla. La terapia cognitivo-comportamentale interviene sui pensieri, sui vissuti profondi che innescano il processo mentale della vergogna e accompagna il paziente in un percorso nel quale egli possa riappropriarsi di un’immagine di sé positiva.
Chi volesse ricevere maggiori informazioni su questa tematica per intraprendere una psicoterapia può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e fissare un primo consulto gratuito in uno degli studi di Milano.