Una delle ossessioni più comuni nel DOC è rappresentata da pensieri e immagini blasfemi. Il meccanismo di attivazione di questa ossessione è relativamente semplice: compare nella mente una fantasia, una parola contro Dio o altre figure sacre e la potenza di questo pensiero così inaspettato si trasforma gradualmente in un’ossessione.
Sono essenzialmente due le ragioni che contribuiscono a questo esito: da un lato il tema religioso è centrale nel sistema di valori della persona che sviluppa l’ossessione, dall’altro la perdita di controllo sui pensieri provoca smarrimento e paura destabilizzando una personalità che probabilmente non è abituata a perdere il controllo. Le ossessioni religiose possono essere seguite da compulsioni che normalmente consistono nella ripetizione di frasi e formule purificatorie o nel compiere gesti simbolici che neutralizzino il significato negativo del pensiero.
Le compulsioni sortiscono l’effetto momentaneo di placare l’ansia ma non risolvono il problema, le fantasie intrusive in breve tempo si ripresentano e innescano nuovamente il processo. Ancor più di quanto accade per altri pensieri intrusivi, le ossessioni religiose nascono da un sistema di valori fortemente radicato intorno a convinzioni e sentimenti che non possono essere messi in discussione. Un’educazione religiosa, una vita incentrata sulla condivisione della fede e sulla devozione al sacro vengono improvvisamente minate da fantasie di cui la persona ignora la provenienza e la motivazione. Sebbene i tentativi di scacciare questi pensieri siano costanti e faticosi, essi si ripresentano con la stessa intensità o con intensità maggiore, dando l’impressione di non poter essere controllabili – in effetti non lo sono – e di essersi impossessati del libero arbitrio che ciascuno di noi desidera mantenere.
Questo carattere di intrusività è in assoluto l’elemento che procura maggior sofferenza, facendo sentire l’individuo in balìa di un fenomeno che egli non sa se identificare come follia o come semplice malessere passeggero. All’aumentare dei pensieri e della loro forza, la convinzione di essersi ammalati di una patologia mentale si rafforza e la paura che ne deriva è difficile da gestire. Come possono essere interpretate le ossessioni religiose? Innanzitutto chiarendo che un pensiero è un pensiero: la fantasia di bestemmiare non significa bestemmiare, tra la fantasia e l’azione intercorrono le funzioni mentali che coinvolgono la volontà, la decisione, l’azione.
Questo vale per tutti i pensieri ma normalmente non ce ne accorgiamo: quando mettiamo in atto un comportamento che non va contro la nostra identità, che non ci turba emotivamente e non costituisce un conflitto con noi stessi o gli altri, senza avere la perfetta consapevolezza di ogni singolo istante realizziamo una sequenza di azioni mentali e fisiche che dal semplice pensiero ci porta al comportamento finale; se invece il pensiero di quello che potremmo fare viene percepito come un elemento estraneo alla nostra personalità, alla conoscenza che abbiamo di noi stessi e all’immagine che desideriamo avere agli occhi nostri e degli altri, sopravvalutiamo il potere e la portata di quel pensiero arrivando a credere che il solo averlo concepito sia un fatto grave. Questo ci induce a ritenere che il contenuto di quella fantasia possa facilmente trasformarsi in un comportamento reale e la paura successiva riguarda le conseguenze che potremmo scontare per la nostra azione. Una persona molto religiosa o legata all’osservanza di precise regole di comportamento può temere che un atto blasfemo provocherà il rifiuto sociale e familiare nei suoi confronti.
La fantasia di non rispettare più le norme morali di una condotta corretta, i codici di un atteggiamento socialmente apprezzabile, è estranea alle abitudini apprese, all’educazione ricevuta e ai valori che sono sempre stati considerati buoni e necessari per ottenere l’affetto e la considerazione degli altri. Non è tollerabile. In alcuni casi la fantasia ha un contenuto opposto ma ugualmente ansiogeno che concerne la vocazione religiosa: il dubbio di aver ricevuto una chiamata spirituale e non averla seguita o non averla riconosciuta, il pensiero che questa chiamata debba ancora arrivare insieme ai dubbi su come accoglierla si scontrano con la vita reale in cui il soggetto persegue altri scopi e altre attività. Il denominatore comune di tutte le ossessioni religiose è la difficoltà di tollerare le fantasie trattandole come fantasie, il senso di colpa morale, la paura di essere disapprovati o rifiutati dagli altri a causa della propria indegnità morale.
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