Il termine “dipendenza” può assumere significati sfumati a seconda del contesto in cui viene usato, ma in generale si riferisce ad una condizione nella quale lo stato emotivo dell’individuo è strettamente legato ad un fattore esterno. La personalità dipendente si struttura a partire da questo tipo di funzionamento e determina le modalità con cui il soggetto si relaziona con gli altri, stabilisce scopi e progetti, percepisce le proprie aspettative e i propri desideri.
La personalità dipendente si modella sull’altro. Uno degli aspetti fondamentali nella costruzione dell’identità personale è il formarsi di un sistema di scopi, preferenze, bisogni e desideri che caratterizzano via via la struttura emotiva e psicologica dell’individuo, il suo modo di vivere, la sua concezione del mondo. Se questi elementi sono sufficientemente stabili nel tempo viene a costituirsi un senso del sé che rappresenta un punto di riferimento costante: in ogni momento dell’esistenza il soggetto conosce quali sono le sue peculiarità, ha un’idea accurata delle risorse che può utilizzare per superare le difficoltà, ricorda con adeguata consapevolezza quali sono i suoi limiti nonché i meccanismi che regolano le sue esperienze. Sebbene sia necessario che questo quadro mantenga una buona flessibilità così da non applicare schemi troppo rigidi, esso rappresenta una guida, un elemento di continuità fra le diverse esperienze che si susseguono nel tempo. Compiere quest’operazione si rivela invece difficoltoso per la personalità dipendente. Cosa succede allora?
La personalità dipendente ha bisogno di una relazione per sentirsi sicura e protetta. Nella relazione il soggetto dipendente trova una dimensione che lo fa sentire vivo, che gli permette di entrare in contatto con stati emotivi percepiti come propri. In realtà non è così poiché egli si adatta ai desideri dell’altro, assumi gli scopi dell’altro come appartenenti a sé, cercando di compiacere il partner affinché questi non se ne vada. Il soggetto dipendente ha paura che se rimarrà da solo non sarà in grado di trovare un’altra relazione, è costantemente preoccupato di essere lasciato anche quando non esiste il reale pericolo che questo avvenga, si impegna affannosamente a trovare un’altra relazione appena termina quella che stava vivendo. I suoi sforzi sono tesi a farsi accettare dall’altro e in questo modo l’identità si rivela fluttuante, piena di contenuti ricavati dalla relazione ma non pensati e vissuti autonomamente. Il soggetto dipendente impara ad amare ciò che piace al partner, assume le caratteristiche che il partner desidera, modella le proprie preferenze in base a ciò che l’altro si aspetta da lui. Quali sono le conseguenze emotive di questi atteggiamenti?
In primo luogo l’individuo dipendente fa fatica a percepire un’identità propria e autonoma. Alle domande “cosa voglio?”, “cosa mi piace?”, “cosa mi appartiene?” non riesce a rispondere se non riferendosi a quello che trova o si sforza di trovare nella relazione con l’altro.
In secondo luogo cede al partner il controllo della relazione e si carica progressivamente di un sentimento rabbioso; non riuscire ad esprimere i propri bisogni lo fa sentire sempre più chiuso in un angolo, costretto a qualcosa che vuole e tuttavia impotente, incapace di modificare quell’assetto. Quando l’insofferenza tracima può sorgere un moto di ribellione, un’esplosione di rabbia intensa che l’altro interpreta come perdita del proprio potere sulla relazione manifestando a sua volta atteggiamenti aggressivi. A questo punto il soggetto dipendente si spaventa, teme di essere lasciato e ritira la protesta. È il circolo vizioso della dipendenza emotiva.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale interviene su questo circolo vizioso e aiuta il paziente dipendente a costruire un senso di sé stabile, integrato e autonomo. L’obiettivo è che il paziente arrivi a riconoscersi come soggetto emotivamente capace di esistere anche al di fuori della relazione, come essere umano che si muove nel mondo e trova un’identità autosufficiente per orientare le proprie scelte in modo libero.
Chi volesse ricevere maggiori informazioni per intraprendere una psicoterapia può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, chiamando il numero 340/1874411 o scrivendo all’indirizzo email info@psicoterapiaemilano.it, e fissare un primo consulto gratuito in uno degli studi di Milano.