Nel panorama delle nuove dipendenze emerge la problematica legata a Internet e ai contenuti della Rete, che rappresenta ormai una criticità rilevante nella vita di relazione e nell’assetto emotivo di molte persone. Dipendenza da Internet significa soprattutto social network e pornografia, ma in generale si osserva un incremento massiccio del bisogno di interagire con strumenti tecnologici e realtà virtuali. Il numero di pazienti che iniziano una terapia per intervenire su questi sintomi è sempre più ampio e la discussione su come trattarli più che mai aperta; l’approccio cognitivo-comportamentale individua tra le cause più importanti di questa dipendenza la mancanza di un’identità stabile, la difficoltà a gestire le emozioni negative, la carenza di scopi alternativi. Il ricorso a Internet e in molti casi alla pornografia permette al soggetto di costruirsi un contesto facilmente controllabile, in cui le incertezze emotive della relazione e del confronto con l’altro vengono sostituite da meccanismi noti e reiterati che si strutturano fino a diventare, per il paziente, una vera forma di esposizione sociale e di attivazione emotiva.
In altri termini la paura di condividere con persone reali i contenuti autentici della propria esperienza, i significati più intimi della vita interiore, viene neutralizzata entrando in un ambiente virtuale che offre la percezione di riuscire a socializzare facilmente, di poter accedere senza alcun rischio alla dimensione affettiva e relazionale, o nella più semplice delle ipotesi di poter trovare un appagamento immediato alle proprie pulsioni fisiche e sessuali.
La psicoterapia non giudica il comportamento nell’ottica di una morale di principio, non predica la rinuncia ai mezzi di comunicazione più attuali e alle possibilità emancipative che essi offrono, ma si focalizza sull’impossibilità di concepire altro come strumento di relazione con se stessi e con gli altri; la dipendenza da Internet, dai social network o dalla pornografia costituisce una modalità inflessibile di gestione delle criticità emotive che ogni individuo sperimenta nel corso della vita, diventa l’unico rifugio possibile a fronte di un disagio che si annida nel funzionamento profondo dello schema d’identità. La persona affetta da questo disturbo non riesce a vivere esperienze gratificanti all’interno di relazioni sicure, fa fatica a elaborare desideri e progetti personali ed entra in contatto solo con aspetti fragili e passivi di sé, che considera manifestazioni di un’intrinseca vulnerabilità.
Per uscire dalla dipendenza è necessario analizzare la paura della relazione, approfondire i sentimenti di ansia e tristezza per i quali viene attivato il comportamento problematico e soprattutto intervenire sul vuoto dell’identità sviluppando un sistema di riferimenti emotivi, scopi progettuali, preferenze che il soggetto integra come proprie ed è poi in grado di coltivare. La solitudine non è sempre consapevole e non sempre viene percepita come problema reale – le realtà virtuali possono arrivare a mascherarla -, ma le emozioni da essa generate spingono l’individuo a cercare un riconoscimento che funzioni da sostegno di base, uno scambio affettivo altrimenti assai difficile da trovare nelle esperienze quotidiane; le cause della dipendenza sono oggetto di una psicoterapia di orientamento cognitivo-comportamentale che da un lato utilizza tecniche concrete di desensibilizzazione, gestione dello stimolo e interruzione dei circoli viziosi – quando il sintomo inizia a ridursi, aumenta la percezione di efficacia con cui il paziente può affrontare le situazioni successive -, dall’altro rinforza il paziente nella capacità di impiegare risorse differenti dalla dipendenza per fronteggiare gli stati emotivi che appaiono intollerabili.