La paura che assale molte persone che soffrono di attacchi di panico è di essere malati, nel senso medico del termine. E’ veramente così? E’ possibile vederla diversamente?
Se il panico viene considerato una malattia le principali conseguenze psicologiche sono due: il soggetto teme che il cambiamento sia impossibile o estremamente difficile – parlare di malattia fa immaginare un deficit strutturale – e si vergogna di ciò che gli altri possono pensare se lo vedono durante un episodio di panico o vengono a conoscenza della sua condizione. Il panico non è una malattia bensì un disturbo d’ansia, un’emozione dolorosa che prende il sopravvento in alcuni momenti.
Soffrire di attacchi di panico non significa essere strani, diversi, stupidi: significa trovarsi di fronte ad una difficoltà emotiva, spesso legata a passaggi difficili della propria vita e ad esperienze spiacevoli che hanno lasciato un segno. La terapia aiuta a comprendere che possiamo essere fragili, possiamo essere vulnerabili e conoscendo meglio il nostro funzionamento scoprire risorse che ci permettono di superare quella condizione.
Il panico è un malessere e come tale può essere affrontato senza un pensiero giudicante, affinché il cambiamento non riguardi solo il sintomo ma anche l’atteggiamento generale dell’individuo, che può diventare più fiducioso verso gli altri e meno severo con i propri stati d’animo.