Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo si fonda spesso sulla difficoltà del paziente a fidarsi di se stesso. Le emozioni, i pensieri, le azioni di un individuo sono gli elementi fondanti della sua personalità, a patto che vengano integrati nella consapevolezza. Se non riconosciamo che le nostre emozioni, le nostre azioni e i nostri pensieri sono in primo luogo nostri, compiuti da noi in seguito a un’intenzionalità, una coerenza e una volontà che ci portano a strutturare la nostra identità, fatichiamo a fidarci anche delle nostre percezioni sensoriali e del funzionamento della nostra mente.
Un esempio classico sono le ossessioni che riguardano possibili dimenticanze, comportamenti pericolosi per noi stessi o semplicemente la fantasia di poterli commettere. I rituali compulsivi di controllo consistono nella verifica estenuante della correttezza delle proprie percezioni, come avviene quando si torna a controllare il gas oppure quando, nelle ossessioni più strutturate, si segue il bisogno compulsivo di accertarsi di non avere investito persone o animali.
Dove nasce la difficoltà di fidarsi di se stessi? Generalmente la storia di questo problema mostra carenze di autostima, un sentimento di insicurezza che riguarda le proprie capacità, le proprie risorse. Non potersi fidare di ciò che suggeriscono la vista o l’udito è l’esempio più circoscritto di un disagio che si ha nei confronti delle proprie scelte e decisioni. Fidarsi di se stessi significa fidarsi del proprio giudizio quindi del funzionamento della propria mente, ma anche dei giudizi del corpo e quindi della sua capacità di guidarci. Temere di avere investito un animale anche quando gli occhi hanno mostrato il contrario e l’udito non ha rilevato alcun rumore sospetto significa non potersi fidare degli organi di senso, ma gli organi di senso appartengono a un sistema percettivo più ampio di immagazzinamento ed elaborazione delle informazioni e quest’ultimo rientra nel funzionamento del sistema nervoso; il cervello genera contenuti utilizzati dalla mente, pensieri, immagini, rappresentazioni, e possiede facoltà cognitive come la memoria e il linguaggio. Non fidarsi del cervello significa non fidarsi dell’intelligenza e dei ricordi.
Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo viene alimentato dall’impossibilità di archiviare un’informazione sensoriale come corretta riuscendo a non tornare indietro. La fatica che viene riferita dai pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo nasce proprio dalla difficoltà di ordinare i pensieri e le emozioni a causa del dubbio continuo e del rimuginio. La nostra mente funziona o dovrebbe funzionare secondo un principio economico, è programmata per sviluppare pensieri che si mantengono per un tempo limitato a disposizione della coscienza venendo poi sostituiti da altri e depositandosi nei sistemi della memoria dai quali possono essere ripescati quando occorre. Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo viene invece alimentato da una lesione che affligge questo processo, i pensieri non riescono più a scorrere e si bloccano nella mente costringendo a continue verifiche. Come sempre quando parliamo di ossessioni, è fondamentale sottolineare che le ragioni di queste alterazioni sono emotive e non cognitive, l’incapacità di trattare i pensieri come pensieri nasce da uno stato emotivo di ansia, allarme, sfiducia.
La sensazione di poter sbagliare continuamente, di non potersi fidare nemmeno delle percezioni più semplici, la sensazione di poter commettere azioni inaccettabili o di poter avere distrazioni dalle conseguenze catastrofiche è un’emozione, non un pensiero. E’ un senso costante di insicurezza, di inaffidabilità della propria persona in tutti gli elementi che la costituiscono. Non a caso si parla di azioni o dimenticanze che “possono” essere commesse; nessuno infatti è in grado di garantire che un evento temuto sia oggettivamente impossibile, ma nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo la sensazione è che quell’evento sia più probabile per il paziente rispetto a quanto accade per le altre persone; non riuscendo a fidarsi di se stesso, il paziente si sente particolarmente in pericolo, avverte che le esperienze normalmente gestibili per gli altri siano per lui di particolare minaccia o imprevedibilità e questo vissuto emotivo genera una catena di dubbi che lo affaticano, non trovando mai una risoluzione definitiva.
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