Uno dei cardini del Disturbo Ossessivo-Compulsivo è il bisogno di controllare i pensieri e le emozioni. Quando definiamo “intrusiva” un’idea e per questo motivo la chiamiamo ossessione, ci riferiamo al fatto che un pensiero può essere pensato senza volerlo, senza sceglierlo. Questo meccanismo della mente umana col quale quotidianamente siano a contatto, diventa particolarmente sgradevole e faticoso quando i contenuti dei pensieri sono contenuti che non vorremmo, che ci fanno stare male o che ci inducono a rimuginare su dubbi, fantasie destabilizzanti, paure molteplici. Quando insorge un pensiero ossessivo il primo tentativo che viene messo in atto per superare il disagio che provoca è non pensarlo, sforzarsi di tenerlo lontano dalla mente.
A questo punto ci si scontra col funzionamento naturale della mente, che non può essere indirizzata verso pensieri prestabiliti. L’effetto che si ottiene dal tentativo di scacciare i pensieri ossessivi è esattamente il contrario di quello che si vorrebbe: i pensieri si intensificano, diventano ancora più frequenti e intrusivi fino ad apparire completamente cristallizzati nella vita psichica. Ospiti fissi e indesiderati. Eppure il bisogno di controllarli rimane, anche quando è ormai che questa operazione non solo è impossibile ma peggiora il quadro generale. In tal modo si crea il più classico dei circoli viziosi, non pensare ad un pensiero significa automaticamente pensarlo e la frustrazione che ne deriva si accresce di giorno in giorno.
Per spiegare questo apparente paradosso – in teoria le nostre azioni dovrebbero essere finalizzate a farci stare meglio, mentre il tentativo di sopprimere i pensieri si risolve di fatto in un’azione intenzionale che produce malessere – dobbiamo fare riferimento ad un bisogno psicologico fondamentale dell’essere umano, il bisogno di controllare le proprie esperienze. Le emozioni, i pensieri, i comportamenti formano l’identità di un individuo, sono il suo biglietto da visita nelle relazioni con gli altri e rappresentano la base per sviluppare un sentimento di sé integrato, possibilmente positivo. In altre parole, riusciamo a volerci bene, ad avere una buona opinione di noi stessi se le nostre emozioni, i nostri pensieri e i nostri comportamenti hanno un senso per noi positivo. Come ottenere questo risultato? Come riuscire ad affermare che siamo buone persone? Uno dei modi più utilizzati, ma spesso non il più efficace, è cercare di indirizzare quello che siamo verso una meta, uno scopo, un’immagine che consideriamo desiderabile ai nostri occhi e agli occhi degli altri.
Così sviluppiamo le nostre convinzioni su quali siano le emozioni che vanno bene e quali invece debbano essere evitate, quali siano i pensieri accettabili, che ci fanno stare tranquilli, quali invece debbano essere tenuti lontano dalla nostra mente. Lo stesso vale per i comportamenti, alcuni vengono considerati più adatti a ricevere l’approvazione degli altri nonché la nostra, altri sono etichettati come manifestazioni non consone, non appropriate. Il criterio per stabilire tutto questo è naturalmente soggettivo e dipende dalla storia di una persona, dal tipo di educazione che ha ricevuto, dai suoi valori di riferimento, dipende da ciò che le ha permesso di ottenere affetto e considerazione da parte degli altri. Nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo questo sistema salta, la mente all’improvviso o in maniera più graduale inizia a fare pensieri che “non vanno bene”, che mettono in discussione la buona immagine, la buona identità dell’individuo nel rapporto con se stesso. Viene perso il controllo. Uno dei bisogni fondamentali della mente umana, il controllo, diventa una ricerca affannosa che produce solo risultati negativi. Sempre più negativi.
Il senso di padronanza sulla mente viene a mancare e con esso la fiducia di essere una persona che funziona, che può venire accettata e amata dagli altri. La governabilità delle emozioni viene sostituita da sentimenti intensi di fragilità che non possono essere neutralizzati solamente dandosi l’istruzione di farlo. Le azioni diventano meno certe, meno sicure, a cause delle fantasie su cosa potrebbe accadere se perdessimo il controllo dei comportamenti. La terapia cognitivo-comportamentale lavora su un interrogativo: perché è così importante controllare? Da questa domanda derivano molte altre riflessioni: cosa temiamo possa accadere se non controlliamo? A cosa ci è servito controllare? Da cosa ci ha protetti? In questo percorso scopriamo che una perdita di controllo sui nostri pensieri non è pericolosa ed è causata da emozioni che possono essere regolate senza doverle sopprimere, sentendoci al sicuro anche quando le proviamo.
Chi volesse ricevere maggiori informazioni per intraprendere una psicoterapia del Disturbo Ossessivo-Compulsivo può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta, chiamando il numero 340/1874411 o scrivendo all’indirizzo email info@psicoterapiaemilano.it, e fissare un primo consulto gratuito presso lo studio di Milano.
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