Uno dei più comuni malesseri psicologici è il disturbo ossessivo-compulsivo, che consiste nella presenza di pensieri ricorrenti e invasivi e nella necessità di mettere in atto dei rituali per neutralizzarli o prevenirli. Le ossessioni più frequenti riguardano temi di contagio (malattie, sporcizia), morali (“se mi venisse l’impulso di bestemmiare?”), di responsabilità (“ho investito qualcuno?”) o puramente dubitativi (“avrò chiuso il gas?”). Le compulsioni sono rituali di controllo (tornare indietro con l’auto per essere certi che l’evento immaginato non sia accaduto), comportamenti finalizzati a scongiurare la minaccia (lavaggi ripetuti delle parti del corpo o degli oggetti che potrebbero incorrere in un contagio), formule e istruzioni con cui il soggetto si rassicura (preghiere e frasi rituali che seguono un pensiero considerato inaccettabile).
Una delle strategie terapeutiche più efficaci è allenare il paziente a trattare questi pensieri come…pensieri.
Immaginare un evento è sufficiente a farlo accadere?
Se così fosse, perché molte fantasie estremamente piacevoli – per esempio, vincere una grossa somma di denaro che cambierebbe per sempre la nostra vita – non si avverano?
La mente umana produce in continuazione pensieri e fantasie di ogni genere: è questo il modo in cui esprime l’emozione che la sta guidando. Una mente rilassata costruisce fantasie eccitanti, mentre l’ansia e la paura provocano una spirale di pensieri negativi, inquietanti, persino catastrofici. Non importa quale sia l’oggetto di tali pensieri: ciò che conta è entrare in contatto con le emozioni sottostanti. Tutto il resto è un esercizio della mente, una fantasia che può disturbarci ma è destinata, se non la alimentiamo considerandola un’esatta previsione della realtà, a scorrere via nello stesso modo in cui è arrivata.