Mentalizzare significa fare un pensiero. Elaborare un contenuto mentale che riguarda se stessi, gli altri, le relazioni. Spesso questo concetto non viene incluso nella comune percezione dell’esperienza poiché le persone ritengono di essere già in contatto coi propri pensieri; la psicoterapia, e in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, introducono invece un altro obiettivo: le nostre emozioni, il nostro modo di rapportarci agli altri possono diventare più comprensibili se identifichiamo gli stati mentali reali che si sono accompagnati a quei vissuti. Un esempio è rappresentato dall’ansia e dalle sue manifestazioni somatiche; quando il nostro corpo sembra stare male, e avvertiamo dei sintomi che non riusciamo a spiegare se non immaginando di avere dei disturbi organici esclusi però dagli esami medici, si sta verificando un’espressione somatica dell’emozione ansiosa. Il nostro corpo parla per noi. In questo caso è necessario mentalizzare, identificare cioè quei pensieri che si frappongono fra la condizione di stabilità percepita e l’emozione negativa. Spesso si tratta di pensieri automatici che fanno riferimento al timore di eventi pericolosi o alla paura della paura, quel rimuginio per cui il solo pensiero di poter stare male genera il malessere.


Cosa accade nella nostra mente poco prima che si generi l’ansia? Quali contenuti mentali – immagini, fantasie, previsioni catastrofiche, valutazioni del contesto – precedono l’insorgere dello stato emotivo problematico? E in quali momenti e situazioni quei contenuti mentali si ripresentano? Fare psicoterapia significa anche imparare a mentalizzare meglio, trovando i collegamenti fra pensiero, emozione e azione; se diventiamo più consapevoli del nostro modo di interpretare la realtà, di ciò che ci fa sentire minacciati e di come leggiamo le intenzioni altrui, raggiungeremo un miglior adattamento all’ambiente. Mentalizzare è fondamentale quando ci relazioniamo con le persone, poiché spesso i conflitti e gli stati di sofferenza emotiva nascono dalla mancata comprensione di cosa il nostro interlocutore voleva realmente comunicare; se fatichiamo a collegare le azioni dell’altro con una costruzione di pensiero attendibile che possa aver generato quel comportamento, oppure attribuiamo all’altro contenuti di pensiero che sono nostri – “mi vuole male, ce l’ha con me!” – non riusciremo a costruire rappresentazioni mentali utili alla relazione. La terapia cognitiva si pone fra i principali obiettivi quello di rendere più chiari e accessibili questi meccanismi, così da poterli modificare quando sono causa di malessere psicologico.

Chi volesse ricevere maggiori informazioni su queste tematiche per intraprendere una psicoterapia può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e fissare un primo consulto gratuito in uno degli studi di Milano.

 

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