E’ possibile accorgersi improvvisamente che il proprio orientamento sessuale non è quello che si è sempre pensato? Sono verosimili i racconti di coloro che dicono di aver vissuto un’esperienza del genere? La questione è complessa. Dobbiamo infatti distinguere tra la sensazione soggettiva di compiere effettivamente questa scoperta, riferita da persone di cui non conosciamo la reale storia biografica, e la possibilità di generalizzarla a chi soffre di pensieri ossessivi.
L’ossessione è l’espressione di un conflitto.
Nel caso dell’ossessione sull’omosessualità, il conflitto è tra un orientamento percepito da sempre come eterosessuale e un pensiero, una fantasia astratta di origine ansiosa che riguarda il dubbio di non conoscersi fino in fondo. Il primo elemento, l’attrazione per persone del sesso opposto, è esclusivamente fisico, è la percezione fisica di un’attrazione sessuale, il secondo elemento è invece esclusivamente mentale, il dubbio astratto che le sensazioni del corpo siano sbagliate. Come si conciliano questi elementi opposti? Non si conciliano, ed è la ragione per cui nascono le ossessioni.
Il pensiero intrusivo sull’omosessualità non si accompagna a un’attrazione fisica, anzi viene spesso sottolineato da una reazione di disgusto dovuta all’avversione nei confronti di quell’idea, non tanto per una generica omofobia quanto per il disorientamento provocato da un contenuto mentale che non viene accettato; abbiamo quindi una contrapposizione tra mentale e fisico che produce un circolo vizioso di ulteriori dubbi e incertezze.
In sostanza l’orientamento sessuale che si è sempre percepito, essendo una risposta fisica, un’eccitazione del corpo, non può modificarsi all’improvviso, non è una percezione distorta e nemmeno può essere sottoposto a ragionamenti mentali nel tentativo di confermarlo o confutarlo.
Questo vale sia per gli eterosessuali sia per gli omosessuali: l’identità sessuale si sviluppa nel corso della maturazione psicofisica, durante l’infanzia e l’adolescenza, e a prescindere dalle spiegazioni che la scienza psicologica ha cercato di fornire interrogandosi su quali fattori determinino l’uno o l’altro orientamento, non possiamo trattare l’omosessualità come un sintomo patologico. L’idea che ci si possa scoprire improvvisamente omosessuali presuppone implicitamente che l’omosessualità non sia un orientamento che si forma insieme all’individuo bensì una malattia che può essere scoperta da un giorno all’altro.
Cosa dire allora di chi riferisce il contrario?
Dalle storie cliniche sappiamo che l’omosessualità può essere repressa, inibita, da parte di persone che entrano molto presto in conflitto con le sensazioni del proprio corpo avvertendole come pericolose spie di una possibile omosessualità, e da quel momento vivono una sessualità difficile in cui l’incontro con l’altro sesso o non si verifica oppure risulta problematico, poco interessante, poco desiderato.
La mente può cercare di reprimere l’attrazione fisica omosessuale ma questa operazione non è mai lineare, serena; è impossibile un rapporto con la sessualità ben integrato tra la dimensione corporea e quella mentale, gratificante, fatto di condivisione fisica ed emotiva con l’altro, se nelle pieghe nascoste della propria esperienza interiore è presente un elemento così ingombrante come l’eliminazione dell’identità.
L’orientamento sessuale si vive, non si stabilisce a priori; quando le sensazioni più profonde vengono inibite a favore di una scelta forzatamente razionale, l’omosessualità non viene in seguito scoperta ma eventualmente ritrovata. Occorre focalizzarsi sulle sensazioni del corpo per distinguere la paura dall’eccitazione, che spesso hanno risposte fisiologiche abbastanza simili.
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