Che effetto fa provare un’emozione?
- Perché ci vergognamo dell’ansia?
- Perché la paura ci fa arrabbiare, la tristezza ci spaventa?
- Come ci consideriamo nel vederci alle prese con un’emozione?
Quando proviamo un’emozione negativa ci concentriamo su di essa e tentiamo di definirla. Possiamo sentirci in ansia o arrabbiati, provare paura, vergogna o tristezza. Spesso però non ci accorgiamo che è presente un altro stato emotivo, potremmo chiamarlo secondario, legato all’emozione primaria.
Cosa provo nel sentirmi in ansia?
A volte la risposta è semplice, l’ansia è ansia. Molto più spesso un’altra emozione, più profonda, si innesca: mi vergogno di provare ansia, mi arrabbio oppure l’ansia mi fa paura. La terapia cognitivo-comportamentale approfondisce in maniera particolare l’effetto prodotto da un’emozione; se mi vergogno di essere in ansia pensando che verrò giudicato l’emozione diventa ingestibile, se sono triste e rimugino sull’idea che solo le persone deboli si possano sentire così è molto più difficile superare quel malessere. I pazienti che giudicano le emozioni o si impongono di ignorarle sono stati poco abituati a trattare i propri stati interni come contenuti legittimi dell’esperienza psichica; le emozioni fanno parte del nostro Dna, sono espressioni della nostra coscienza e come tali possiamo accoglierle senza chiederci se siano giuste o sbagliate.
La causa principale di un disagio emotivo è la rappresentazione che ne abbiamo, il modo in cui lo consideriamo. L’ansia come processo mentale è la percezione di un pericolo reale o presunto, la conseguente attivazione del corpo che mette in atto delle risposte di difesa verso quel pericolo, infine l’elaborazione cognitiva di ciò che sta accadendo, ossia i pensieri e le previsioni sugli eventi possibili. Ciò che la rende così forte da non poter essere tollerata o compresa è l’emozione secondaria, la paura che il soggetto prova nel sentire le reazioni del proprio corpo, la vergogna di dover mostrare una debolezza, la rabbia di non riuscire a mantenere il pieno controllo. Oppure la tristezza di considerarsi incapace, vulnerabile.
Le emozioni primarie vengono trattate in psicoterapia esplorando le reazioni che generano nel paziente; se pensiamo ad un modello educativo in cui l’espressione delle emozioni sia stata giudicata negativamente, o ad una persona che abbia conosciuto una sola risposta emotiva – ad esempio la rabbia con cui venivano vissuti i conflitti familiari – osserviamo un repertorio di schemi che vengono utilizzati rigidamente per interpretare esperienze emotive molto diverse tra loro. Il paziente si arrabbia quando ha paura, si deprime quando prova ansia, si spaventa quando è triste e non riesce a esplorare configurazioni emotive più flessibili. Soprattutto non riesce a distinguere le emozioni, a riconoscere i tratti peculiari di ciascuna di esse, e non è in grado di esprimerle nei modi funzionali alle diverse situazioni.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale aiuta il paziente ad accettare le proprie emozioni e a comprendere cosa davvero lo fa stare male. E’ necessario lavorare sull’ascolto di sé, sul contatto col proprio corpo e sulla consapevolezza degli schemi mentali preesistenti, così da trattare un’emozione per ciò che realmente rappresenta e non come una minaccia.
Chi volesse ricevere maggiori informazioni per intraprendere una psicoterapia può contattare il Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, chiamando il numero 340/1874411 o scrivendo all’indirizzo email info@psicoterapiaemilano.it, e fissare un primo consulto gratuito in uno degli studi di Milano.
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